O&K ha scritto pagine fondamentali della storia delle macchine movimento terra. Un marchio che, ancora oggi, è ricordato con grande affetto non solo da chi ha utilizzato quelle macchine in prima persona ma anche da chi le ha sinceramente ammirate sognando di poterle acquistare.

Si trattava infatti di un produttore di alta qualità dove i contenuti erano segno di innovazione tecnologica e che si rivolgeva ad un target di elevato profilo. In buona sostanza non stiamo parlando di macchine per tutti. Infatti non lo erano ma chi ha avuto la fortuna di poterle acquistare ed utilizzare le ricorda ancora oggi per il livello sia prestazionale che per la tecnologia a disposizione dell’operatore.

O&K era un costruttore che puntava ai grandi cantieri produttivi

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L’escavatore idraulico RH20 era una macchina da produzione intensiva adatta sia alle cave che ai grandi cantieri.

Fra questi merita sicuramente un’analisi approfondita l’O&K RH20. Un escavatore idraulico con peso operativo fra le 40 e le 50 tonnellate a seconda delle versioni che presentava soluzioni assolutamente innovative e, per certi versi, ancora oggi attuali. Prodotto a fine anni ’90, per la precisione nel biennio 1997 e 1998, è una macchina che ha segnato, purtroppo, la fine di un’epoca per il costruttore tedesco. Ma che lascia interessanti spunti tecnici.

L'escavatore idraulico O&K RH20 era un modello di alto profilo

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Il modello RH20 impiegava una tecnologia idraulica con tre pompe gestita con il sistema PMS che, ancora oggi, sarebbe attuale.

Tre pompe a gestione elettronica

A prescindere dall’impostazione complessiva del layout macchina, su cui torneremo in seguito, la caratteristica principale è sicuramente l’impianto idraulico PMS con la gestione elettronica delle tre pompe. Ebbene sì. Tre pompe idrauliche con regolazione elettronica del carico limite e gestione tramite il sistema PMS, acronimo di Pumps Managing System. Una visione che è andata oltre il consueto e che ha trovato oggi dei “discepoli” negli escavatori Hitachi della fascia fra le 20 e le 35 tonnellate di peso operativo.

Lo scopo era evidente. Avere una macchina che non tradisse le aspettative di grande forza di scavo e strappo dei clienti O&K ma che, al contempo, permettesse di avere quella velocità che gli escavatori giapponesi dell’epoca avevano imposto sul mercato.

Le macchine O&K avevano un'impostazione solida e produttiva

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Macchina da produzione, l’RH20 declinava nella fascia fra le 40 e le 50 tonnellate la filosofia di base del costruttore tedesco.

Il costruttore fondato da Benno Orenstein e Arthur Koppel nel 1876 non stette alla finestra a guardare. Con il PMS, presente non solo sull’RH20, diede aperta battaglia all’oriente.

La particolarità di questo modello era sicuramente il flusso d’olio a disposizione dell’operatore. Si parla infatti di una pompa da 186 l/min dedicata alla sola rotazione e di due pompe da 553 l/min totali dedicate a tutti gli altri movimenti. In totale, quindi, si avevano quindi 739 l/min azionati da una potenza idraulica effettiva di 240 kW pari a 327 cv. Il serbatoio dell’olio idraulico era di 850 litri.

Gli escavatori tedeschi erano fra i più apprezzati del mercato

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L’RH20 era presente in ogni contesto operativo dove fossero richieste elevate produzioni orarie.

La visione strutturale di O&K

L’impostazione del layout macchina, come anticipato, ricalca in pieno la filosofia storica del costruttore. Torretta snella, nonostante la mole, visibilità a 360°, braccio che ha seguito l’evoluzione del marchio nel tempo e il classico avambraccio con l’attacco benna a forcella diventato ormai leggendario nei ricordi di chi utilizzava questi escavatori.

La larghezza del carro, con i classici pattini da 600 mm, era di 3.550 mm per una lunghezza di appoggio di 4.370 mm. La torretta aveva invece un corpo da 3.200 mm di larghezza. Elementi che ne limitarono la diffusione in Italia, se non nelle cave, a causa della difficoltà di trasporto. La geometria del carro non prevedeva infatti la carreggiata variabile meccanicamente come altri competitor dell’epoca. In primis il temuto Fiat-Hitachi FH400, diretto concorrente di questo teutonico che strizzava l’occhio all’oriente.

La grande visibilità a 360° era legata anche alle specifiche scelte motoristiche di O&K. Il costruttore di Berlino infatti si affidò storicamente a Deutz con i suoi motori raffreddati ad aria. Che avevano vantaggi e svantaggi ma, con la dovuta manutenzione dei convogliatori d’aria, assicuravano un funzionamento ottimale in condizioni estreme. Sull’RH20 era anche disponibile, in alternativa opzionale, una motorizzazione Mercedes Benz con un livello di potenza superiore.

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La visibilità a 360° era uno dei plus di queste macchine. L’RH20, nonostante le dimensioni, aveva una “snellezza” che ancora oggi fa pensare.

Rovescio, frontale Tri-Power e carri LC e HD

Le versioni a disposizioni del mercato spaziavano da pesi operativi fra 42.400 e 47.500 kg a seconda che si parlasse di versioni LC o HD in versioni rovesce o frontali. Quest’ultima impiegava il sistema di bielle a tre punti di incernieramento Tri-Power. Si tratta di un cinematismo che, ancora oggi, è impiegato nelle grandi macchine frontali O&K che vivono, nella sostanza, nella gamma Mining di Caterpillar. Con un passaggio di proprietà che, dal fallimento di O&K, ha visto transitare le grandi macchine da miniera prima in Terex, poi in Bucyrus per trovare infine pace proprio con il marchio USA. La divisione movimento terra fu invece acquistata da CNH.

O&K sviluppò il sistema Tri-Power per i propri escavatori frontali

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La versione frontale impiegava il cinematismo Tri-Power che vive ancora oggi nelle grandi macchine da miniera con il marchio Caterpillar.

O&K aveva sviluppato il Tri-Power per ottimizzare i movimenti

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Il cinematismo Tri-Power consentiva di avere movimenti e parallelismi automatici che ottimizzavano velocità e forze di strappo

I numeri dei propulsori

Come detto la motorizzazione di serie era costituita dal Deutz KHD BF 6L 513 RC raffreddato ad aria. Un robusto sei cilindri da 9.572 cc sovralimentato con intercooler. La potenza era di 180 kW (245 cv) a 2.150 giri/min. Il costruttore dichiarava sulla brochure un consumo medio oscillante fra 33 e 38 litri/ora a seconda della specifica applicazione operativa. Il serbatoio da 700 litri garantiva quindi un’autonomia complessiva di circa 18,5 ore di esercizio.

Deutz equipaggiava quasi tutti gli escavatori O&K

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La motorizzazione Deutz KHD BF 6L 513 RC disponeva di 180 kW (245 cv) a 2.150 giri/min.

L’alternativa in opzione era rappresentata dal Mercedes Benz OM 447 A. In questo caso si tratta di un sei cilindri sovralimentato raffreddato ad acqua da 11.967 cc. Il range di potenza di questo propulsore, utilizzato anche in posizione orizzontale sui bus, andava da 185 a 335 kW. O&K aveva optato per la regolazione a 213 kW (290 cv) a 1.800 giri/min con un consumo medio di carburante fra 40 e 43 litri/ora a seconda dell’applicazione. Sempre con il serbatoio da 700 litri l’autonomia si riduceva quindi a circa 17 ore di esercizio.

In opzione era disponibile il motore Mercedes Benz

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In opzione era disponibile il Mercedes Benz OM 447 A da 213 kW (290 cv) a 1.800 giri/min.

La cabina O&K

Il posto guida era perfettamente in linea con la filosofia che il costruttore seguiva da sempre. Massima sintesi, massima linearità ma tutto quello che serviva. Niente di più e niente di meno. Ma con joystick e pedali dalla precisione millimetrica. Tanto che le due leve per il comando della traslazione erano presenti ma avevano un proprio specifico alloggiamento e solo chi ne aveva realmente bisogno poteva avvitarle ai pedali e utilizzarle.

La prima e più evidente compagna di lavoro era sicuramente la luce. Ariosità e visibilità a 360° erano infatti i due principali benefit per chi utilizzava gli escavatori O&K. Le cabine erano sostanzialmente identiche fino ad alcune versioni del modello RH40. Le protezioni ROPS erano costituite da elementi strutturali supplementari che avevano anche la duplice funzione di protezione della caduta di massi dall’alto. Le versioni frontali ne erano dotate di serie.

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La cabina seguiva la filosofia storica del costruttore. Pochi fronzoli ma tanta visibilità a 360°.

L'ergonomia O&K era conosciuta agli addetti ai lavori.

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Gli interni erano estremamente sintetici ma precisione operativa e leggerezza dei comandi erano i plus principali.

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