Sicurezza sul lavoro. In Italia dobbiamo alzare le mani in segno di resa? Viviamo uno sconsolante panorama dove gli infortuni sul lavoro con esito fatale, in Italia, si attestano a 3 ogni 110mila occupati. Un dato che cozza contro una media UE di 2,1. Uno scenario causato in primis da una cronica mancanza di cultura della sicurezza che proviene da molto lontano. E che investe non solo i settori occupazionali ma ogni luogo della nostra vita quotidiana. Dalla strada fino alle mura domestiche. Si tratta prima di tutto di una questione culturale che è profondamente radicata nel nostro modo di pensare e nel nostro modo di agire quotidiano.

Per avere una seria ed efficace inversione di tendenza occorre quindi un immane lavoro non solo di sensibilizzazione ma, prima di tutto, di profonda formazione che coinvolga anche le scuole dell’obbligo. Un’azione radicale che metta in primo piano soggetti come le giovani leve e permetta, con il tempo, di cambiare il modo di pensare. E’ l’unica strada concreta, benché lunga. Ovviamente prima si inizia, prima arriveranno i risultati.

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I dati INAIL sulla sicurezza fino a luglio 2023

Le rilevazioni INAIL sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ci permettono di avere dei dati ufficiali aggiornati a fine luglio 2023. Comprendono quindi i primi 7 mesi dell’anno con una tendenza che, dalle notizie degli ultimi periodi, sembra in peggioramento. Ad oggi abbiamo infatti 559 vittime di cui 430 in occasione di lavoro e 129 in itinere con una media di 80 decessi al mese.

Gli infortuni mortali, visti come numeri assoluti, ci forniscono invece questi dati percentuali. Il numero
di 430 vittime in occasione di lavoro fa segnare, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un aumento del +4,4%
. Siamo infatti passati da 412 a, per l’appunto 430 morti nel corso delle operazioni lavorative. Per contro c’è stato un vistosto calo, pari al -17,8% dei decessi in itinere. Siamo infatti passati da 157 a 129. Dato che segue anche quello più generico relativo agli incidenti stradali con esito mortale.

I dati divisi per regione

A livello regionale i dati sono invece i seguenti (sempre aggiornati a luglio 2023):

  • LOMBARDIA – 74 decessi
  • VENETO – 40 decessi
  • LAZIO – 36 decessi
  • CAMPANIA – 33 decessi
  • PIEMONTE – 33 decessi
  • EMILIA ROMAGNA – 31 decessi
  • PUGLIA – 29 decessi
  • SICILIA – 26 decessi
  • TOSCANA – 21 decessi
  • ABRUZZO – 16 decessi
  • MARCHE – 14 decessi
  • UMBRIA – 13 decessi
  • CALABRIA – 13 decessi
  • FRIULI VENEZIA GIULIA – 12 decessi
  • TRENTINO ALTO ADIGE – 11 decessi
  • LIGURIA – 11 decessi
  • SARDEGNA – 10 decessi
  • BASILICATA – 5 decessi
  • VALLE D’AOSTA – 1 decesso
  • MOLISE – 1 decesso

Potrebbe sembrare evidente, a prima vista, una correlazione fra popolazione residente e PIL regionale. Cosa che in realtà non è. E’ stata infatti effettuata una zonizzazione a colori delle regioni per mettere in evidenza l’incidenza degli infortuni mortali in base al numero degli occupati.

La zonizzazione regionale della sicurezza sul lavoro

L’incidenza degli infortuni mortali in merito alla sicurezza sul lavoro fornisce il numero di lavoratori deceduti durante l’attività lavorativa in una data area. Questa può essere una regione o una provincia. Il dato è sempre rapportato ad ogni milione di occupati presenti in quella data area. Con questo metodo è quindi possibile confrontare i dati sul numero di infortuni e decessi tra le diverse regioni anche se sono caratterizzate da una popolazione lavorativa differente.

L’Osservatorio Vega ha quindi definito il rischio infortunistico nelle regioni italiane con i seguenti colori:

  • Bianco: regioni con un’incidenza infortunistica inferiore al 75% dell’incidenza media nazionale
  • Giallo: regioni con un’incidenza infortunistica compresa tra il 75% dell’incidenza media nazionale e il valore medio nazionale
  • Arancione: regioni con un’incidenza infortunistica compresa tra il valore medio nazionale e il 125% dell’incidenza media nazionale
  • Rosso: regioni con un’incidenza infortunistica superiore al 125% dell’incidenza media nazionale

Questa elaborazione, effettuata per i primi sette mesi del 2023 con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 18,6 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) ha quindi ridefinito il quadro in questo modo:

  • REGIONI IN ROSSO: Umbria, Abruzzo, Basilicata e Calabria.
  • REGIONI IN ARANCIONE: Friuli Venezia Giulia, Puglia, Marche, Trentino Alto Adige, Campania, Sicilia e Veneto.
  • REGIONI IN GIALLO: Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Sardegna, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna.
  • REGIONI IN BIANCO: Toscana e Molise.

Appare quindi una situazione ben differente rispetto al dato numerico puro. Ci sono infatti regioni, come ad esempio Lombardia, Piemonte, Lazio ed Emilia Romagna, che hanno un dato rientrante nella media nazionale.

Altre che invece potevano apparire più virtuose, come ad esempio Calabria, Basilicata ed Abruzzo, che hanno un dato gravemente sopra la media nazionale pur con numeri assoluti sostanzialmente bassi.

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Le denunce di infortunio

Le denunce di infortunio registrate da gennaio a luglio 2023 sono in diminuzione del 21,9% rispetto allo stesso periodo del 2022. Siamo infatti partiti da 441.451 a fine luglio 2022 per arrivare a 344.897 a luglio 2023. Si tratta di un decremento evidente già da mesi che conferma la scomparsa dalle statistiche degli infortuni connessi al COVID-19.

Infatti le denunce di infortunio nel solo settore Sanità sono calate del 63% passando da 60.602 di luglio 2022 a 16.389 di luglio 2023. I dati legati al COVID-19 hanno infatti falsato le statistiche anche con decessi legati alla malattia contratta sul posto di lavoro.

Giovani, meno giovani e donne

Parlando invece di fasce di età i dati forniscono un quadro chiaro legato ad esperienza e logoramento fisico. Infatti la fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è quella tra i 55 e i 64 anni. Su 430 infortuni da inizio anno ne abbiamo infatti 154 in questo specifico range. Se però ci rapportiamo a livello percentuale notiamo come l’incidenza degli infortuni mortali tra i lavoratori con età compresa tra i 15 e i 24 anni è molto alta. Infatti i dati evidenziano un rischio ben superiore rispetto ai colleghi di età compresa tra i 25 e i 34 anni.

Abbiamo infatti 15,7 infortuni mortali ogni milione di occupati contro 9,5 per i colleghi meno giovani. L’incidenza più elevata è purtroppo quella rilevata nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni. Qui abbiamo un valore altissimo pari a 65,5 infortuni mortali ogni milione di occupati.

A seguire si ha la fascia di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni con 32 infortuni mortali ogni milione di occupati. Dati che devono far riflettere in merito all’età pensionabile e alla classificazione dei lavori usuranti. Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane da gennaio a luglio 2023 sono state 121.095. Quelle dei colleghi uomini 223.802. Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro da gennaio a luglio 2023 sono 25. Sono invece 14 i decessi nel percorso casa-lavoro.

I lavoratori stranieri

Parlando invece di lavoratori stranieri emerge un dato preoccupante. Rimane alto il livello emergenziale. Sono infatti 79 gli infortuni mortali in occasione di lavoro e 24 quelli in itinere. Quindi il rischio di infortunio mortale per loro è quasi doppio rispetto agli italiani con un’incidenza di mortalità di 33,3 contro il 16,9 degli italiani.

Numeri che devono far riflettere in merito alla formazione, al livello professionale e al corretto inserimento all’interno di un meccanismo operativo dove la sicurezza sia effettiva e soprattutto considerata un valore aggiunto. Considerazione che vale anche per i giovani lavoratori italiani.

Cosa ne penso

Costantino Radis

SICUREZZA SUL LAVORO, INCIDENTI E DECESSI. SEMBRA ORMAI INUTILE PERSINO PARLARNE. TANTO DELLA SICUREZZA NON IMPORTA NIENTE A NESSUNO.

L’elaborazione dei dati relativi agli incidenti sul lavoro ci fornisce un quadro sconsolante. La sicurezza è vista solo come un intralcio e non come un valore aggiunto. Operare in modo organizzato ed organico per migliorare i processi è pura utopia. Lasciare le cose al caso e pensare di arrangiarsi è invece la consuetudine. Con buona pace delle normative e di una formazione che è vista come una perdita di tempo. Perché tanto, della sicurezza, non importa niente a nessuno.

Proprio oggi, mentre mettevo in ordine le idee in merito ai tristi numeri sulla sicurezza, ho notato che in un cantiere a pochi metri da casa si stava usando una fra le macchine più interessanti, polivalenti e sicure che il mercato ci ha messo a disposizione.

Nello specifico si trattava di una Multitel Pagliero utilizzata non come PLE ma come gru. Una macchina unica che permette questo doppio impiego grazie ad una concezione tecnica innovativa.

Un cantiere edile come tanti. Si tratta del rifacimento di un tetto con la salita del materiale dal piano strada tramite il noleggio a caldo di questa macchina. Con tanto di chiusura temporanea della strada per consentirne il piazzamento. Una macchina importante presa a nolo da uno dei maggiori noleggiatori italiani. Un'azienda che della formazione e della sicurezza fa una vera e propria bandiera.

Ebbene, notavo, guardando dalle Velux del mio ufficio, che l'operatore di questo famoso noleggiatore stava violando un discreto numero di normative in materia. In primis era collocato quasi sul colmo del tetto in costruzione senza nessuna imbragatura e senza nessun DPI specifico per i lavori di sollevamento. In primis l'elmetto. Inoltre fuori piovigginava e ogni tanto nevicava. Per arrivare fino al colmo del tetto non erano presenti specifici camminamenti per evitare di scivolare.

Non c'era nessuna linea vita provvisoria. Non c'erano postazioni per poter lavorare con il radiocomando in modo comodo e sicuro. Si era inoltre collocato sul bordo del tetto dove la differenza di quota con la copertura del condominio vicino era tale non solo da rappresentare un serio pericolo ma anche da assicurare il suo eventuale rotolamento fino al bordo. E da lì per cinque piani di sotto fino al piano stradale.

Cosa dire? Nulla. Tanto della sicurezza non importa niente a nessuno.

L'unica cosa che ho fatto è stato scattare qualche foto e inviarla via mail al noleggiatore in questione. Magari, partendo dall'interno delle aziende, qualcosa potrebbe anche cambiare.

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