Transizione 5.0. Un titolo quanto mai chiaro e che non lascia spazio a nessun dubbio. Stiamo parlando del Piano di risorse messe a disposizione, nell’ambito del decreto PNRR, per aiutare le aziende che si renderanno virtuose in termini di consumi energetici. L’obiettivo è, ovviamente, quello di agevolare la transizione non solo verso nuove forme di energia ma anche verso nuovi processi aziendali che riducano i consumi energetici. Sia quelli complessivi. Sia quelli di processo.

Fra le misure spiccano i crediti d’imposta finalizzati all’acquisto di macchinari in grado di ridurre i consumi energetici. Questa volta, rispetto al Piano Industria 4.0, non si parla di percentuali fisse ma di specifici scaglioni dove le agevolazioni sono proporzionali alla riduzione dei consumi. E dove gli investimenti al di sopra di certi valori sono soggetti ad agevolazioni progressivamente ridotte. Una visione intelligente e razionale per evitare le speculazioni che, in questi anni, hanno chiaramente accompagnato anche il mercato delle macchine da costruzione.

Il Piano Transizione 5.0 mette a disposizione 6,3 miliardi di euro di risorse previsti dal PNRR a cui si aggiungono altri 6,4 miliardi già previsti dalla Legge di Bilancio. In totale vi sono quindi 13 miliardi nel biennio 2024/25 per favorire la transizione digitale e green delle aziende italiane. Una cifra chiusa, quindi, che innesca un altro meccanismo differente rispetto al passato. La procedura prevede infatti la presentazione della domanda al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) che darà il via libera in base alla disponibilità delle risorse.

Come è strutturato il Piano Transizione 5.0

Si tratta quindi di un elemento procedurale di non poco conto. Infatti smentisce in parte il comunicato ufficiale del MinisteroCONSULTABILE A QUESTO LINK – che recita testualmente “Alle aziende verrà concesso un credito d’imposta automatico, senza alcuna valutazione preliminare, senza discriminazioni legate alle dimensioni dell’impresa, al settore di attività o alla sua localizzazione”.

Un’impostazione che limita quindi le risorse, come giusto che sia, ma che potrebbe scatenare la corsa alla domanda. Salvo poi vedersi rifiutata l’agevolazione con una lunga serie di problemi. Chi ha partecipato ai bandi INAIL ne sa qualcosa. Il concetto di fondo è però quello di impiegare in modo razionale le risorse a disposizione raggiungendo degli obiettivi precisi. Una misura evidentemente pensata per il settore industriale in cui, siamo sicuri, anche il mondo delle costruzioni troverà spazio a fronte di alcune forzature come avvenuto in passato.

Le aliquote e gli obiettivi

Prima di tutto occorre chiarire che il Piano Industria 4.0 rimane in vigore e vale per tutti i macchinari che non rientrano in quello Transizione 5.0. I due benefici non sono quindi cumulabili.

Le aliquote agevolative sono molteplici. Il requisito di base dell’investimento è che il macchinario deve condurre ad un risparmio energetico annuo pari almeno al 3% dell’intera struttura produttiva. Se invece ci riferiamo al singolo processo produttive la percentuale di risparmio sale al 5%.

Rientrano nell’agevolazione anche i software purché siano degli applicativi relativi ai macchinari con le caratteristiche sopra esposte. Se poi la riduzione dei consumi è sopra il 6% sale di conseguenza anche l’incentivo.

Parliamo di numeri

Ecco il meccanismo delle aliquote:

1) Riduzione dei consumi pari al 3% (si tratta del livello minimo per avere accesso all’incentivo Transizione 5.0), oppure del 5% riferito al singolo impianto:

  • investimento fino a 2,5 milioni di euro: credito d’imposta del 35%
  • investimento fino a 10 milioni di euro: sulla quota eccedente i 2,5 milioni, il credito d’imposta è del 15%
  • investimenti fino a 50 milioni di euro (tetto massimo dei costi ammissibili): sulla parte eccedente i 10 milioni, l’agevolazione è al 5%

Il meccanismo prevede quindi che, con il progredire dell’investimento, la percentuale totale dell’agevolazione di riduce in modo proporzionale.

2) Riduzione dei consumi energetici complessivi pari almeno al 6%, oppure al 10% dell’impianto su cui si concentra l’investimento:

  • investimento fino a 2,5 milioni di euro: agevolazione al 40%
  • investimento fino a 10 milioni di euro: agevolazione al 20% sulla parte eccedente i 2,5 milioni
  • investimento fino a 50 milioni di euro: agevolazione al 10% sulla quota di spesa che supera i 10 milioni di euro

3) Riduzione dei consumi generali sopra il 10%, oppure al 15% del singolo impianto:

  • investimento fino a 2,5 milioni di euro: credito d’imposta al 45%
  • investimento fino a 10 milioni di euro: credito d’imposta al 25%
  • investimento fino a 50 milioni di euro: credito d’imposta al 15%

I beni ammessi dal Piano

I beni ammessi all’incentivo sono gli stessi agevolati dal piano Transizione 4.0, contenuti negli allegati A e B legge 232/2016 – CONSULTABILI A QUESTO LINK. Vanno acquistati nel 2024 o nel 2025 e, come per il Piano Industria 4.0, occorre tenerli per almeno cinque anni.

Nei massimali sopra esposti vanno comprese anche le spese di formazione. Spese che sono ammissibili fino al 10% dell’investimento totale. Quindi se l’impresa spende in tutto 2 milioni di euro potrà applicare l’incentivo fino a 200mila euro di spese di formazione. Anche da questo elemento si evince come la misura sia stata pensata per il settore industriale. Infatti qui operano macchine estremamente complesse che richiedono una formazione specifica per un numero ingente di persone.

Se nell’investimento rientrano anche i pannelli fotovoltaici vi è una maggiorazione del 120 o 140% sul costo sostenuto. In buona sostanza aumentano la base su cui si applica l’aliquota agevolativa.

Costantino Radis è il cuore di e-Construction

Cosa ne penso

Costantino Radis

LA 4.0 SEGNA IL PASSO MA ARRIVA IL PIANO TRANSIZIONE 5.0. SULLA CARTA SEMBRA PENSATO PER AGEVOLARE CHI VUOLE INVESTIRE SERIAMENTE. NELLA PRATICA STIAMO ASPETTANDO IL CONIGLIO DAL CILINDRO DEI SOLITI ILLUSIONISTI.

Tutti si aspettavano il pensionamento del Piano Industria 4.0 i cui effetti si sono già visti sul mercato. Ma ecco arrivare il Piano Transizione 5.0. Una misura piena di buone intenzioni che, si spera, nel nostro settore sarà meglio interpretata (ed utilizzata) rispetto a quanto visto fino ad ora.

Non sono ancora entrato nei meandri nascosti del Piano Transizione 5.0 ma l'impianto generale sembra molto più ragionevole di quanto visto in passato. Soprattutto in riferimento al nostro specifico settore dove, in determinati ambiti, sarà oggettivamente più difficile dimostrare il minore consumo energetico a livello generale.

Diverso sarebbe, ad esempio, per gli impianti mobili di frantumazione e vagliatura. Un investimento calzante potrebbe quindi essere proprio quello relativo all'efficientamento di un ciclo di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione. Qui sarebbe da dimostrare, ma bisognerà vedere il Decreto nel dettaglio, un risparmio del 5% rispetto a quanto esistente. Cosa non del tutto lontana dalla realtà nel momento in cui si implementino tecnologie come il funzionamento elettrico o ibrido. Con alcuni costruttori oggettivamente più avvantaggiati di altri.

Stesso discorso vale anche per una macchina movimento terra impegnata nella stessa lavorazione. Molto più difficile, ad esempio, dimostrare invece il risparmio della stessa macchina in un'applicazione più generica dove i fattori alla base dei consumi sono più aleatori.

Di fatto ne vedremo di nuovo delle belle. Oggi le macchine ci sono e sono a disposizione dei concessionari e dei clienti finali. Sarà divertente vedere come alcune aziende, proverbialmente maestre nel surfare in mezzo alle regole, sapranno muoversi in queste nuove agevolazioni fiscali e in mezzo alle dichiarazioni che metteranno sul piatto un tema tanto caro quanto scottante: quello dei consumi.

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